Inaugurazione del NATO SFA CoE

Intervento del Presidente Luciolli all'inaugurazione del Centro di Eccellenza NATO per la Security Force Assistance, Cesano, 26 marzo 2019.

L’inaugurazione del Centro di Eccellenza NATO per la Security Force Assistance avviene in un momento storico della vita dell’Alleanza e ne certifica la vitalità e l’immutabile forza dei suoi valori e impegni condivisi.
Per settanta anni, l’Alleanza Atlantica è stata capace di prevenire conflitti, preservare la pace e difendere i territori e i valori di libertà e democrazia di un miliardo di cittadini.
Come ha più volte rilevato il Segretario Generale della NATO, Jens Stoltenberg, il legame transatlantico e la difesa collettiva, che rendono la sicurezza dell’Europa e del Nord America indivisibile, hanno generato “l’Alleanza più forte e di maggior successo della storia”. In effetti, storicamente, la vita media delle alleanze di difesa collettiva è stata stimata in quindici anni e nel corso degli gli ultimi cinque secoli, solo dieci delle principali sessantatré alleanze militari sono sopravvissute per più di quaranta anni .
L’ineguagliabile successo della NATO si fonda sulla straordinaria capacità di mutamento del suo DNA. Nonostante la complessità della sua struttura politico-militare, la NATO ha sempre risposto con prontezza alle continue necessità di adattamento che il mutevole scenario di sicurezza andava richiedendo.
Inoltre, la politica della “porta aperta” ha rafforzato l’Alleanza che, dai 12 Stati originari, è oggi pronta ad accogliere la Repubblica di Nord Macedonia come suo trentesimo membro.

In tale prospettiva, l’apertura di un nuovo Centro di Eccellenza per la Security Force Assistance testimonia il perdurare dello sforzo della NATO volto a dare risposte efficaci alle minacce alla sicurezza dei prossimi settanta anni.

Al fine di meglio comprendere le sfide che il Centro sarà chiamato ad affrontare, è possibile ricorrere all’approccio di Hegel secondo il quale è possibile prevedere il futuro nella stessa misura in cui si è capaci di comprendere il passato.

Nel corso dei suoi primi quattro decenni, il ruolo della NATO era stato efficacemente sintetizzato dal primo Segretario Generale, Lord Ismay, che dichiarò come il suo compito fosse quello di “tenere gli americani dentro, i russi fuori e i tedeschi sotto”. Nel corso della Guerra Fredda, inoltre, il concetto di sicurezza si esauriva in una connotazione meramente militare di statica difesa territoriale, basata sull’articolo 5 del Trattato.
Tuttavia, nel Rapporto della Commissione dei Tre Saggi del 1956 – presieduta dal Ministro degli Esteri Italiano, Gaetano Martino e composta dai colleghi canadese e norvegese Lester B. Pearson e Halvard Lange – apparve chiaro “che nella nostra epoca la sicurezza è assai più di un problema militare. Lo sviluppo della consultazione politica e della cooperazione economica, la valorizzazione delle risorse, il progresso dell’istruzione e della comprensione tra i popoli: tutto ciò può essere importante per la sicurezza di una nazione, o di un’alleanza, quanto la costruzione di una corazzata o l’armamento di un esercito.
Sarebbe ormai pericoloso considerare come problemi assolutamente distinti questi due aspetti della sicurezza -quello civile e quello militare -sia sul piano nazionale sia su quello internazionale.”
Inoltre, il Rapporto ammoniva che “La NATO non deve dimenticare che l’influenza e gli interessi dei suoi membri non si limitano alla zona di applicazione del Trattato e che avvenimenti esterni a detta zona possono gravemente incidere sugli interessi collettivi della Comunità Atlantica.”

La visione lungimirante dei Tre Saggi anticipava la necessità di un approccio olistico (Comprehensive Approach) per affrontare efficacemente le moderne operazioni non-art.5 di risposta alle crisi (NA5CRO) che la NATO sarebbe stata chiamata a lanciare all’indomani della caduta del Muro di Berlino.
Con la fine della Guerra fredda, il concetto di sicurezza assunse, difatti, nuove e più ampie dimensioni di carattere politico, economico e sociale, divenendo, altresì, un concetto dinamico che richiedeva la proiezione di forze e di stabilità fuori area. Durante il periodo post-bipolare, la NATO ha saputo adattare con rapidità il suo Concetto Strategico, lanciando, al contempo, operazioni di risposta alle crisi, programmi di partenariato e iniziative di formazione e assistenza nei Balcani e oltre.

La caduta delle Torri Gemelle e l’invocazione, per la prima volta, dell’articolo 5, hanno drammaticamente evidenziato alla Comunità Atlantica la pericolosità delle moderne minacce globali, asimmetriche e ibride, e la necessità di affrontarle laddove esse originano.
Mentre la NATO rispondeva prontamente per mezzo di una robusta proiezione di forze (expeditionary) agli attacchi alle Torri Gemelle, un ulteriore adeguamento del Concetto Strategico evidenziava l’importanza cruciale di “sviluppare la capacità di addestrare e sviluppare forze locali nelle zone di crisi, in modo che le autorità locali possano essere capaci, il più velocemente possibile, di mantenere la sicurezza senza assistenza internazionale”.
D’allora, dai Balcani all’Afghanistan e all’Iraq, le missioni di addestramento e assistenza della NATO alle forze locali di sicurezza NATO sono diventate un asset fondamentale nel quadro del Comprehensive Approach Action Plan (CAAP) che verrà adottato al vertice di Lisbona del 2010.

Pertanto, l’inaugurazione del nuovo Centro di Eccellenza per Security Force Assistance trova fondamento su oltre un quarto di secolo di esperienza NATO nel consigliare, addestrare e assistere gli Stati partner nello sviluppo di riforme sostenibili nel settore della sicurezza e delle necessarie capacità.
Tuttavia, l’attuale scenario di sicurezza nel quale il Centro di Eccellenza Security Force Assistance è chiamato ad operare pone sfide e compiti ben più complessi e impegnativi rispetto al passato.
Le rivolte arabe del 2011 e l’annessione illegale nel 2014 da parte della Federazione Russa della penisola ucraina di Crimea, hanno obbligato la NATO ad affrontare contemporaneamente sia compiti di Difesa Collettiva che quelli di gestione delle crisi, adottando un approccio a 360°, capace di deterrere e difendere l’Alleanza sul fianco Est e proiettare stabilità a Sud.
Inoltre, la postura nucleare russa, il caso Skripal e i rischi di proliferazione CBRN, insieme alla potenziale minaccia proveniente da nuove forme di terrorismo di distruzione di massa, costituiscono fonte di altrettanta rilevante preoccupazione.
A questo quadro si aggiungono il nuovo domino operativo cibernetico, il crescente uso dello spazio, l’intelligenza artificiale, la sicurezza energetica, il cambiamento climatico e le migrazioni incontrollate, che testimoniano la natura variegata delle attuali sfide e minacce, che si palesano spesso con una velocità senza precedenti, tale da porre in difficoltà lo stesso processo decisionale dell’Alleanza.
Infine, nuove forme di Guerra ibrida tendono ad eludere l’applicazione dell’articolo 5 del Trattato Nord Atlantico, mentre l’utilizzo malevolo della disinformazione e delle false informazioni mira a indebolire dall’interno la coesione delle società occidentali e i loro liberi processi democratici.

Nell’attuale imprevedibile scenario di sicurezza “se i vicini della NATO sono più stabili, la NATO è più sicura”. Questa considerazione è al cuore del Concetto sulla Proiezione di stabilità adottato dai leader della NATO al vertice di Varsavia del 2016.
A tal riguardo, il Segretario Generale della NATO ha spesso evidenziato come investire nello sviluppo di forze, istituzioni e capacità locali si riveli particolarmente efficace per prevenire le crisi e combattere il terrorismo e la destabilizzazione.
Inoltre, affermando che la sicurezza della NATO è strettamente collegata alla stabilità dei vicini, i leader alleati hanno chiarito che mentre sviluppavano il più rilevante rafforzamento della difesa collettiva mai operato dalla fine della Guerra fredda, essi non intendevano alzare un ponte levatoio e chiudersi in una Fortezza NATO. Al contrario, nel 2014, nello stesso momento in cui a Est veniva rafforzata una postura di deterrenza e difesa, la NATO concordava con la Giordania un pacchetto integrato di misure di Defense Capacity Building (DCB). Inoltre, nel 2017, gli Alleati hanno inaugurato un Centro Regionale in Kuwait finalizzato alla cooperazione con il Consiglio di Cooperazione del Golfo, mentre nel 2018 nuove misure di DCB sono state approvate su richiesta della Tunisia e una missione di addestramento è stata pianificata e avviata in Iraq.

La cooperazione con i partner potrebbe, tuttavia, rivelarsi oggi più difficoltosa. Nel passato, i partner dell’Europa centrale e orientale risultavano più omogenei ed erano motivati ad agire dalla loro aspirazione all’adesione alla NATO. Attualmente, nell’ambito dei quaranta partner della NATO, solo poche nazioni aspirano ufficialmente all’adesione all’Alleanza. Inoltre, l’accresciuta diversità dei partner dovrebbe suggerire una rivisitazione dei partenariati secondo un approccio ancora più flessibile e attagliato alla complessità dello scenario di sicurezza.

Nell’attuale impegnativo scenario di sicurezza, una questione critica rimane la sostenibilità finanziaria a lungo termine dei programmi di formazione e addestramento del Centro di Eccellenza.
A questo scopo, la consultazione politica nella NATO appare essenziale per mantenere la solidarietà atlantica, che potrebbe essere influenzata dalle diverse percezioni di sicurezza tra Stati membri della NATO e fra le due sponde dell’Atlantico, dato che l’Alleanza è chiamata oggi ad agire in tre continenti differenti, dal Baltico all’Iraq e all’Afghanistan.
Tuttavia, la solidarietà tra Alleati e il legame transatlantico necessitano di essere rinvigoriti da un equo burden sharing, in linea con gli impegni adottati dai Capi di Stato e di Governo della NATO durante il vertice del Galles del 2014, che richiedono di destinare il 2% del prodotto interno lordo alle spese militari, all’ammodernamento dei sistemi d’arma, con una porzione significativa riservata alla ricerca e allo sviluppo.
In tale prospettiva, il partenariato strategico con l’Unione Europea è cruciale, anche al fine di assicurare uno sviluppo coerente di capacità, sia civili che militari e tecnologie all’avanguardia.

E’ questo il campo d’azione del nuovo Centro di Eccellenza per la Security Force Assistance. In tale contesto, il Centro può trarre vantaggio e, al contempo, influire su numerosi concetti, dottrine e politiche della NATO quali: Non-Article 5 Crisis Response Operations (NA5CRO), Security Sector Reform (SSR), Stabilisation and Reconstruction (S&R), Military Assistance (MA), Counter-Insurgency (COIN), Connected Forces Initiative (CFI).
Le attività che caratterizzano il Centro di Eccellenza sono efficacemente riassunte dall’acronimo GOTEAM: Generate, Organise, Train, Enable, Advise, Mentor. Tali attività, dovranno essere basate su: il principio dell’impegno politico e possibilmente finanziario della nazione ospitante (HN); la primazia politica delle autorità locali; la legittimazione; un approccio olistico, specialmente con l’Unione Europea e le Nazioni Unite; la titolarità a livello locale; il potenziamento delle forze locali; la comprensione approfondita dell’ambiente operativo e informativo; la sostenibilità nel lungo termine; la protezione delle forze dispiegate; la comunicazione strategica; procedure di controllo e verifica della efficacia.
Infine, particolare rilevanza è attribuita dalla NATO alle questioni di genere nel campo della sicurezza. Secondo la UN Global Review relativa alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite n. 1325 su Women, Peace and Security, la sicurezza delle donne rappresenta uno degli indicatori più affidabili per misurare quanto uno stato sia pacifico. È stato rilevato che la partecipazione delle donne nel processo di pace aumenta del 35% la probabilità che questa duri più di 15 anni.

In conclusione, al vertice di Bruxelles 2018, i Capi di Stato e di Governo dell’Alleanza hanno dichiarato la piena capacità operativa del NATO Strategic Direction South-Hub, ospitato presso il Joint Force Command di Napoli. L’inaugurazione di un Centro di Eccellenza NATO per la Security Force Assistance costituisce un’altra pietra miliare nell’ambito del contributo offerto dall’Italia all’Alleanza sin dalla sua fondazione. Sotto la direzione del Colonnello Franco Merlino, il Centro si avvia a diventare un punto di riferimento riconosciuto internazionalmente, in grado di fornire alla NATO e ai Paesi partner la capacità unica di addestrare e potenziare le forze locali nelle aree di crisi, fornendo un expertise olistica e un supporto qualificato nel campo della Security Force Assistance (SFA).

Mentre il mondo sta cambiando e la NATO continua il suo adattamento per far fronte alle nuove sfide alla sicurezza, i valori fondamentali di libertà, pace e sicurezza che il Centro intende servire rimangono gli stessi che settanta anni fa i capi di Stato e di governo della comunità occidentale hanno deciso di difendere sottoscrivendo a Washington il Trattato Atlantico.