La Russia e la difesa dei cristiani in Medio Oriente

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L’attenzione che negli ultimi anni la Russia ha rivolto ai cristiani in Medio Oriente rientra nella più ampia strategia del Cremlino, volta a riconquistare influenza nella regione e ottenere un ruolo da protagonista nello scacchiere internazionale. Come ha detto lo stesso presidente Vladimir Putin, Mosca mira a ritagliarsi un ruolo di “leader mondiale[1]” alternativo all’Occidente, inteso prima di tutto come Stati Uniti. Alternativo alla loro politica, ma anche alla loro cultura. In quest’ottica, la difesa dei cristiani mediorientali e dei cosiddetti “valori tradizionali”[2] diventa arma di soft power da contrapporre a un Occidente ritenuto sempre più degenerato.

I cristiani del Medio Oriente: dagli zar alla Russia di oggi

L’attenzione verso i cristiani mediorientali s’inserisce nella linea tradizionale della politica estera russa ed affonda le proprie radici molto indietro nei secoli. Le più antiche tracce di pellegrinaggi compiuti da russi a Gerusalemme e in Terra Santa risalgono al Medio Evo e dalla caduta dell’Impero bizantino sono stati intensi i rapporti con i cristiani ortodossi dell’Impero ottomano: caratterizzati da rivalità quelli con il Patriarcato di Costantinopoli e da una maggiore vicinanza quelli con i Patriarcati di Alessandria e Antiochia.

Nel corso di tutto l’800 e fino alla Prima Guerra Mondiale, la questione dei cristiani ortodossi sotto l’Impero ottomano diventa una linea guida della politica estera di Pietroburgo, allora capitale della Russia zarista. La guerra di Crimea (1853-1856) nasce, tra le altre cose, da un contrasto russo-turco sulla difesa dei diritti dei cristiani nei territori dell’Impero ottomano e in particolare in Medio Oriente. L’inizio di una presenza consistente dei russi in Palestina si ha proprio con la fondazione della Società imperiale ortodossa di Palestina e la costruzione di numerosi immobili russi a Gerusalemme. Basti pensare al cosiddetto Russian compound, con al centro le chiesa della Santa Trinità, subito fuori dalle mura della Città Vecchia di Gerusalemme. Pochi anni dopo, sarebbe sorta anche la chiesa di Santa Maddalena, sul monte degli Ulivi, con la tipica architettura delle cattedrali russe. Questa presenza si radica nella seconda metà del XIX secolo, riflettendo in parte l’idea dell’Impero zarista di essere il grande Impero ortodosso, a suo modo successore di Costantinopoli, che aveva tra le sue funzioni storiche e metastoriche la protezione dei cristiani e, in particolare, dei cristiani ortodossi. Questione cara allo stesso modo anche alla Chiesa russa. In questo senso l’aspetto ideologico, romantico o messianico, della missione che sia l’ortodossia, che lo Stato riconoscono per sé è connesso, poi, alla politica estera e alla visione geopolitica russa. “Si tratta di una connessione complessa, di cui è difficile dire se sia la visione geopolitica a cercare delle giustificazioni ideologiche in visioni di carattere messianico o metastorico oppure viceversa non siano le visioni messianiche e metastoriche a generare concreti indirizzi di politica estera”, spiega Adriano Roccucci, docente di Storia contemporanea presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi Roma Tre ed esperto di rapporti tra Stato e Chiesa in Russia.

Quest’orientamento tradizionale si interrompe con la Rivoluzione del 1917: il Medio Oriente non suscita interesse nei bolscevichi, convinti dello scarso potenziale rivoluzionario dei Paesi arabi[3]. La situazione cambia dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando la vittoria bellica incoraggia la crescita delle ambizioni globali dell’Urss staliniana. Dopo una vera e propria persecuzione anti-religiosa, dal 1943, Stalin attua una parziale conciliazione con la Chiesa. A motivarlo è prevalentemente un aspetto geopolitico, legato alla situazione dei Paesi dell’Europa centro-orientale e delle regioni che l’Urss aveva acquistato, durante la guerra, alla sua frontiera occidentale (Bielorussia occidentale, Bessarabia, Bucovina, Galizia): orientare ‘religiosamente’ quelle aree verso la Mosca ortodossa significava anche orientarle politicamente in senso filo-sovietico.

In quegli anni vi è anche un’interessante strategia politico-religiosa, delineata dal Patriarcato di Mosca, con il sostegno del regime sovietico, volta a esercitare una rinnovata protezione della Chiesa russa – anche attraverso un sostegno economico – nei confronti del Patriarcati di Alessandria e di Antiochia. Quello che era un indirizzo di lungo corso nella Chiesa ortodossa russa s’incontra con l’impegno di Stalin nella più ampia competizione ingaggiata per il controllo delle forze religiose nella regione con il blocco occidentale e gli Usa.

Interrotto negli anni Venti e Trenta, a causa della durissima repressione subita dalle religioni in Urss, ripreso a partire dal 1944-’45, il rapporto della Chiesa russa con i cristiani del Medio Oriente  continua nel corso della seconda metà del Novecento. Con l’inizio della perestroika, però, nel 1985, il mondo arabo gradualmente slitta verso la periferia della politica estera sovietica. La Russia degli anni Novanta non possiede le capacità per rilanciare le relazioni con paesi come Egitto, Iraq, Algeria, Libia e Siria, e non tenta neppure di definire i suoi interessi nazionali in Medio Oriente. Con l’ascesa di Putin, a cavallo tra il XIX e XX secolo, il Cremlino ricomincia a perseguire una politica più attiva nella regione, con l’obiettivo di recuperare l’influenza perduta anche attraverso la riaffermazione di Mosca quale protettrice dei cristiani mediorientali.

Il ruolo della Società imperiale ortodossa di Palestina

Da un anno a Mosca, sulla via Zabelina, nel centralissimo quartiere di Kitay Gorod – a due passi dalla più antica sinagoga della città e dagli uffici dell’amministrazione presidenziale – un edificio è diventato il simbolo della stretta collaborazione tra Stato e Chiesa sul dossier dei cristiani mediorientali.

L’edificio, un tempo residenza dei ricchi mercanti Sumakurov e Tyuyayeva, è oggi la sede della Società imperiale ortodossa palestinese (IPPO), la più antica organizzazione non governativa di Russia, fondata nel 1882 dallo zar Alessandro III e l’unica di fatto a rimanere attiva anche durante l’Unione sovietica. La struttura – risalente al XVIII secolo e parte del patrimonio culturale storico della città – è stata data in uso gratuito per 25 anni all’organizzazione dal comune di Mosca, che si è in gran parte fatta carico dei lavori di restauro. La platea della cerimonia d’inaugurazione, nel novembre 2012, era quella delle grandi occasioni: il patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Kirill, il ministro degli Esteri Serghei Lavrov, il sindaco Serghei Sobyanin, e il presidente della IPPO, Serghei Stepashin, nonché presidente uscente della Corte dei Conti russa ed ex premier quando al Cremlino c’era Boris Eltsin[4].

La Società ortodossa imperiale di Palestina fin dalla sua nascita rappresenta una struttura a cavallo tra il politico e l’ecclesiastico che allo zar diede grandi soddisfazioni e non solo per la costruzione della Chiesa di Maria Maddalena a Gerusalemme, nel 1886. Le comunità protestanti e cattoliche andavano a vele spiegate, con aiuti economici ingenti da Francia e Gran Bretagna. Per gli ortodossi invece la vita era grama e lo stesso Patriarcato era in stato di abbandono. Lo zar Alessandro II capì, che quello era il modo migliore per rappresentare gli interessi dell’Impero in Medio Oriente. Il presidente dell’organizzazione venne nominato dallo zar in persona, come anche i due rappresentanti nel suo vertice del ministero degli Affari esteri e del Santo Sinodo (russo). I membri onorari della Società Imperiale divennero ben 100 e il budget passo da 300mila a 995mila rubli.

La IPPO[5] nasce ufficialmente per organizzare i pellegrinaggi di fedeli russi nei luoghi sacri per l’ortodossia: la Terra Santa prima di tutto, ma anche il monte Athos e Bari, dove sono conservate le reliquie di San Nicola. Lo scopo era anche quello di assistere la Chiesa ortodossa russa all’estero, organizzare iniziative culturali ed educative in Medio Oriente, attraverso una presenza sul campo fatta di scuole e centri culturali.

Dopo la rivoluzione del 1917, l’organizzazione è stata chiusa. Al suo posto – privata degli aggettivi “imperiale” e “ortodossa” impronunciabili per i bolscevichi – ha continuato a lavorare la Società palestinese russa, istituita presso l’Accademie delle Scienze, che si è limitata all’ambito della ricerca scientifica. La Società ortodossa imperiale di Palestina è stata registrata di nuovo, ufficialmente, nel 1992. Tuttavia, come spiega Igor Petrakov, direttore del dipartimento per i progetti internazionali della IPPO, “è solo con l’arrivo di Putin al Cremlino, che s’inizia a pensare di rivitalizzare l’organizzazione”. “Il presidente – dice Petrakov, arabista ed ex diplomatico – ha capito che la IPPO come organizzazione svolgeva una funzione molto importante nella vita del popolo russo e del Paese e per questo gradualmente è stata riattivata”. Alla sua guida, nel 2007, è stato nominato Stepashin; sono aumentate le sedi nelle regioni (oggi 18) e a dirigerle sono state chiamate figure di spicco nel panorama politico e culturale russo, come Mikhail Borisovich Piotrovsky, attuale direttore del museo Hermitage di San Pietroburgo. La IPPO ha una presenza anche a Gerusalemme e un programma ambizioso per la costruzione di scuole nella regione. Prima della rivoluzione c’erano 100 scuole russe in Terra Santa, di cui più di 70 in Libano e Siria. “A oggi – racconta Petrakov – è in fase di costruzione una scuola a Gerusalemme, stiamo studiando il modo di farne un’altra a Nazareth e c’è invito a farne un’altra a Jaffa, dove vivono molte famiglie russe”.

All’ingresso dell’edificio di via Zebulina, un cartellone con foto che ritraggono diplomatici e vertici ecclesiastici in diversi eventi pubblici, ricorda che “la Società imperiale ortodossa di Palestina raduna gli ortodossi per i quali la fede e il servizio verso la patria sono più importanti di tutto”. Oggi il termine “Palestina russa” suona strano a molti, ma a cavallo tra il XIX e il XX secolo questa espressione evocava qualcosa di concreto e conosciuto a tutti: decine di chiese, monasteri, ostelli, scuole e ospedali costruiti dai russi in Terra Santa sia per i pellegrini dalla Russia (circa 15.000 l’anno) che per gli abitanti arabi locali, che studiavano in scuole russe e si facevano curare da medici dell’Impero zarista.

Cosa intendesse, allora come oggi, Mosca per ‘Terra Santa’ lo spiega il metropolita Hilarion (Alfeev), vescovo di Volokolamsk e presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del patriarcato di Mosca[6]: “Non solo i territori, parte dell’Autorità nazionale palestinese, ma anche Israele, Siria e Libano. E la nostra presenza in quelle terre”.

La Società Imperiale Ortodossa di Palestina, sotto lo zar, era però anche un braccio politico che inglobava quello religioso. Lo scopo era rafforzare il peso politico di Mosca a Gerusalemme e nei Patriarcati di Antiochia, scalzando le potenze europee. L’idea zarista di Mosca quale Terza Roma, capitale della cristianità dopo le sconfitte di Roma e Costantinopoli, è nota a tutti. E la Terza Roma aveva bisogno di peso nel Medio Oriente e sui cristiani d’Oriente, a cominciare da Gerusalemme ovviamente.

La strategia di Putin

Da quando Putin è stato eletto presidente, nel 2000, Mosca ha sempre perseguito una politica estera volta a recuperare l’influenza che l’URSS esercitava un tempo in Medio Oriente, ma con “risultati deludenti”, come fa notare Alexei Malashenko, analista del Carnegie Moscow Center[7]. L’alleggerimento del peso degli Stati Uniti nell’area ed i più recenti sconvolgimenti della “Primavera Araba” hanno creato nuovi spazi di manovra che il Cremlino sta cercando di sfruttare, in particolare nella crisi siriana. “La Siria – sostiene Dmitri Trenin, direttore del Carnegie Center di Mosca – ha dato al Cremlino la possibilità di rincorrere quel ruolo di mediatore che aveva provato ad avere senza successo già all’epoca del conflitto in Iraq e poi in Libia”. Il sostegno al presidente siriano, Bashar al-Assad, l’unico vero alleato russo rimasto nel mondo arabo, serve a “mantenere una qualche influenza in Medio Oriente”.

In tale ambito, s’inserisce il rilancio del ruolo di Mosca come protettrice dei cristiani mediorientali, in particolare nel Levante, ruolo che in epoca coloniale fu della Francia. Secondo il direttore della radio Kommersant, Konstantin Von Eggert, si tratta di “un dossier su cui Mosca ha posto particolare attenzione, a cominciare dall’esodo dei cristiani iracheni successivo alla caduta del regime di Saddam Hussein”. “Gli attacchi ai cristiani siriani – spiega il giornalista e commentatore di questioni religiose – confermano, dal punto di vista russo, che l’opposizione ad Assad è principalmente costituita da fondamentalisti che mirano a distruggere o cacciare le comunità cristiane dalla regione”. Archiviati i decenni atei del comunismo sovietico, Putin ha così rispolverato una componente tipica della politica estera zarista al servizio del suo disegno geopolitico[8].

Altri analisti, invece, danno una lettura più ampia e sostengono che la difesa dei cristiani in Medio Oriente sia l’unico soft power, di cui disponga il Cremlino in politica estera. “E’ una posizione molto suggestionata soprattutto dalle immagini politologiche degli analisti americani – sottolinea Roccucci – ma contiene un elemento non irrilevante: La Russia si percepisce ancora come un impero e nei tratti qualificanti del suo essere impero, l’idea che non viva per se stessa, ma per svolgere una funzione storica di carattere universale, è stata una caratteristica costante della sua storia”. Per l’impero ortodosso questa ‘missione’ era affermarsi come Terza Roma, mentre per l’Urss di imporsi come ‘patria del comunismo internazionale’. Nella Russia post-sovietica, invece, si fatica a trovare questo motivo di proiezione internazionale. In parte, si è cercato in un discorso di difesa del valore della diversità, di fronte alle spinte omologanti della globalizzazione; ma è un discorso molto sofisticato. La questione della difesa dei cristiani, invece, può essere spesa, in qualche modo, anche in questo senso”.

La Russia ha sempre avuto difficoltà negli ultimi 20 anni a giustificare ideologicamente le proprie scelte di politica estera. Non aveva soft power. Gli americani dicevano “esportiamo la democrazia” e Mosca ribatteva con “difendiamo la nostra sfera d’influenza”: due categorie che anche solo a livello mediatico sono poco competitive, fa notare Roccucci.

Annunciando la prima visita di Putin in Medio Oriente, dalla sua rielezione a presidente, il consigliere del Cremlino Yuri Ushakov[9] aveva spiegato: “Un’agenda così fitta evidenzia il significato della regione nel sistema delle nostre priorità in politica estera ed è volta a facilitare il rafforzamento della Russia in quella parte di mondo”. Dal 25 al 26 giugno 2012, Putin ha incontrato la leadership politica di Israele, Autorità Nazionale Palestinese e Giordania. Qui, a Betania oltre il Giordano – ha partecipato alla cerimonia ufficiale di apertura del nuovo ostello per i pellegrini russi presso il Baptismal Site, la località sulla sponda giordana del fiume, dove secondo un’antica tradizione sarebbe avvenuto il Battesimo di Gesù. La proprietà dell’appezzamento di terreno, su cui si erge la casa del pellegrino, è stata concessa alla Russia, a titolo gratuito, dal re di Giordania Abdullah II, che il leader russo ha ringraziato di persona.

Gli appelli al rispetto dei diritti dei cristiani in Siria, Iraq o Egitto sono diventati una costante degli interventi pubblici e dei colloqui con gli omologhi stranieri sia di Putin, che dei vertici della diplomazia russa. Il 22 ottobre 2013, il dicastero degli Esteri, sul suo sito internet, ha pubblicato un comunicato, in cui condanna gli attacchi ai cristiani copti in Egitto, lanciando un appello alla fine delle violenze[10]. Il giorno prima, un attentato a un matrimonio aveva fatto quattro morti e diciotto feriti a Giza, nell’area metropolitana del Cairo. Il 25 novembre 2013, nel giorno in cui Putin ha incontrato Papa Bergoglio in Vaticano, il ministro degli Esteri, Serghei Lavrov, in visita a Roma, dichiara, durante una tavola rotonda alla presenza del ministro degli Esteri italiano Emma Bonino, che la Russia “è molto preoccupata per il destino dei cristiani in Medio Oriente, dove “godono di una storia millenaria” che “non deve interrompersi[11]”. Dieci giorni prima[12], in un colloquio telefonico con Assad, lo stesso Putin aveva espresso “preoccupazione” per la persecuzione dei cristiani e di altre minoranze religiose ad opera degli estremisti in Siria. Il presidente russo ha poi auspicato che Damasco “faccia tutto il possibile per alleviare le sofferenze della popolazione civile e riportare la pace interreligiosa”.

La difesa dei cristiani perseguitati rientra nella più ampia strategia putiniana di conquistare per la Federazione russa il ruolo di “leader del conservatorismo” mondiale, baluardo dei valori tradizionali contro gli “pseudo-valori” dell’Occidente[13], accusato il più delle volte di rimanere sordo al grido di dolore dei cristiani perseguitati.

La strategia del Patriarcato di Mosca

Per testimoniare in maniera politicamente significativa la sua preoccupazione per le sorti dei cristiani della Siria e del Medio Oriente, alla vigilia del 12° anniversario degli attentati dell’11 settembre il Patriarca Kirill ha inviato a Barack Obama una lettera, in cui chiedeva al presidente Usa di dare ascolto alle voci dei capi religiosi, che “in maniera unanime” si opponevano in quei giorni alle ipotesi di un intervento militare americano in Siria. In quel messaggio, il primate ortodosso evocava “la minaccia di sterminio o di esilio di massa” che pesa sui cristiani in Medio Oriente e, in sintonia con le mosse della diplomazia russa, invitava a sfruttare “le opportunità che si sono aperte per una soluzione diplomatica del conflitto”, con esplicito riferimento alla trattativa sullo smantellamento delle armi chimiche siriane[14].

Come rileva Roccucci, il Patriarcato di Mosca “ultimamente fa un discorso tout court sulla necessità che da parte della Chiesa e dello Stato vi sia un’attenzione ai cristiani che si trovano in situazione di difficoltà e persecuzione nel mondo”. I vertici del Patriarcato hanno fatto dichiarazioni in questo senso non solo sulla Siria, ma ad esempio anche sul Nord Africa, il Pakistan e la Nigeria. “L’assunto di partenza – spiega Roccucci – è il seguente: noi siamo stati una Chiesa martire e perseguitata nel Novecento, quindi dobbiamo essere una Chiesa attenta, oggi, ai cristiani in difficoltà”.

Si tratta di un atteggiamento che rientra in un’attenzione maggiore della Chiesa russa a una dimensione più globale. Il Patriarcato di Mosca è intervenuto con aiuti umanitari, quando ci fu il terremoto in Giappone, poi nelle Filippine e ora organizza periodicamente raccolte di aiuti umanitari per la Siria. Nel 2013, per esempio, sono stati raccolti oltre 1,1 milioni di dollari solo per i profughi siriani[15], iniziativa gestita per lo più tramite la Società imperiale ortodossa di Palestina. Si riscontra un tipo di attenzione alla “mondialità”, che non è del tutto tradizionale e che si può attribuire alla figura del patriarca Kirill, ex “ministro degli Esteri” del Patriarcato e uomo con una visione ampia della missione della Chiesa.

Kirill in persona si è speso, con appelli a Obama e al premier turco, Receyp Erdogan, per la liberazione del metropolita Boulos Yazigi (della Chiesa ortodossa di Antiochia) e quello della Chiesa siro-ortodossa, Mar Gregorios Youhanna Ibrahim, rapiti in Siria nell’aprile 2013.

A livello ecclesiale, il Patriarcato di Mosca rinsalda i rapporti con le Chiese ortodosse del Medio Oriente, anche ricorrendo alle sue risorse materiali: ad agosto 2013, è stata molto pubblicizzata la donazione di un milione e 300mila dollari arrivati dalla Chiesa ortodossa russa al Patriarcato di Antiochia per soccorrere il popolo travolto dal conflitto[16].

A luglio, i Primati e i rappresentanti delle Chiese del Medio Oriente presenti a Mosca per il 1025esimo anniversario del battesimo della Rus’[17] sono stati ricevuti dallo stesso Putin. Mentre il patriarca Kirill è stato l’ultimo leader religioso cristiano straniero a essere ricevuto da Bashar al-Assad a Damasco nel novembre 2011, quando le vittime del conflitto non avevano ancora superato la soglia dei 5mila morti. Pur non legando lo scopo della visita alle violenze in atto nel Paese, il portavoce del Patriarcato, l’arciprete Vladimir Vigilianski, aveva spiegato che quella di Kirill sarebbe stata una sorta di “missione di pace”, non escludendo quindi anche una mediazione politica.

Secondo Von Eggert, “la battaglia (giusta) per la difesa dei cristiani, è anche un’occasione per il Patriarcato di Mosca di ricordare che non solo è la più numerosa tra le Chiese autocefale, ma che è pronta a usare i suoi particolari legami col Cremlino per difendere la comunità nel mondo”. Per Kirill, aggiunge il giornalista, è anche una possibilità di presentarsi come una figura di levatura internazionale.

Questo atteggiamento corrisponde a una postura diversa anche della Russia di oggi: meno ripiegata su se stessa e che vuole giocare un ruolo  di potenza mondiale, in un mondo multipolare. Che ci sia una vera e propria “collaborazione” tra il monastero di San Danilo (la sede del Patriarcato) e il Cremlino, su diversi temi tra cui il Medio Oriente è lo stesso metropolita Hilarion ad ammetterlo[18]. L’interesse accordato alle vicissitudini delle Chiese mediorientali rappresenta un orientamento costante dell’ortodossia russa. E il suo revival attuale, con i richiami dei leader ortodossi russi alla necessità di proteggere i cristiani dei Paesi arabi, si muove in perfetta sinergia con l’agenda mediorientale della Russia di Putin.

Il discorso su cristiani in Medio Oriente e quelli perseguitati, in generale, nel mondo è primariamente una esigenza che nasce dalla Chiesa, che però lo Stato ha fatto suo, nell’ambito di una strategia volta a perseguire interessi strategici e politici. Quella che si sta vivendo appare, quindi, come una stagione di maggiore estroversione della Russia, a cui la Chiesa, di riflesso, è partecipe. Anche grazie a una speciale “congiuntura di personalità”, tra il leader del Cremlino e quello del Patriarcato ortodosso, entrambi proiettati su scenari mondiali.

L’importanza della collaborazione con la Chiesa cattolica

L’obiettivo comune del Cremlino e della Chiesa ortodossa appare, quello di rimodellare la percezione internazionale della Russia, mostrare che Putin è un leader globale e che Mosca può rappresentare una valida alternativa a Washington in un momento, in cui l’Occidente è in una fase decadente. Come parte di questa strategia, costruire buone relazioni con la Chiesa cattolica è un modo, per entrambe le istituzioni, di ampliare la loro influenza[19].

Sia la Prima, che la Terza  Roma sono preoccupate dallo scenario siriano, dalle ripercussioni che potrebbe innescare in Libano e dalla questione, più ampia e di lunga data, delle comunità cristiane d’Oriente. Sono esposte ai conflitti regionali e alle intolleranze religiose, riscontrano una flessione demografica. Salvaguardarle è, tanto per Vaticano quanto per il Patriarcato di Mosca, un obbligo morale e storico. Le due Chiese concordano sulle leve da usare: rafforzamento del dialogo con l’Islam e rifiuto della guerra.

Sul secondo terreno sia il Papa, che il Patriarca sono stati molto netti. Kirill, a maggio 2013, ha lanciato un appello globale volto a fermare un conflitto che – si leggeva nel relativo comunicato – sta portando alla “distruzione delle chiese, al rapimento dei sacerdoti, all’espulsione violenta dei cristiani dalle loro case, persino alla loro uccisione”. Il Papa, dal canto suo, ha inviato una lettera aperta a Putin, a settembre 2013[20], in vista del G20 di San Pietroburgo, proprio con l’appello affinché si evitasse un possibile intervento militare contro Damasco. In quel modo, il vescovo di Roma ha riconosciuto che la Russia è un attore globale non emarginabile nella ricerca di soluzioni per sanare i conflitti e risolvere le crisi regionali. In quei giorni, gli interventi di papa Francesco e della diplomazia vaticana sul conflitto siriano – a partire dalla giornata di digiuno e preghiera del 7 settembre – hanno trovato una saldatura non programmata quanto oggettiva con la strategia diplomatica russa che, di lì a poco, avrebbe disinnescato la minaccia di un intervento militare esterno in Siria e avviato il processo di distruzione delle armi chimiche di Bashar al-Assad[21].

A suggellare l’intesa tra Mosca e Santa Sede è stato l’incontro, il 25 novembre, tra Putin e papa Bergoglio. Al centro del colloquio “cordiale”, – come ha reso noto la Sala Stampa – il Medio Oriente, la “situazione critica dei cristiani in alcune regioni del mondo” e la vita dei cattolici in Russia[22].

Quello della difesa dei cristiani rappresenta un campo di collaborazione anche tra le due Chiese sorelle, il cui dialogo in ambito teologico, invece, procede a rilento. La comunanza di vedute, in questo ambito, viene ripetuta a ogni incontro tra rappresentanti delle rispettive comunità. Il primate degli ortodossi russi lo ha ribadito, il 12 novembre 2013, nel suo incontro a Mosca con l’arcivescovo di Milano, card. Angelo Scola: “Sulla situazione dei cristiani in Medio Oriente, e in particolare sulla crisi siriana”, le posizioni del patriarcato di Mosca e della Santa Sede “coincidono”[23].

Cristiani in Medio Oriente guardano alla Russia come protettore

La politica russa di attivo sostegno alla causa delle minoranze cristiane nel mondo arabo e la progressiva affermazione del patrocinio sui cristiani del Medio Oriente si accompagna all’eclissi del tradizionale protettorato esercitato, in epoche passate, dalla Francia, soprattutto riguardo alle comunità cattoliche di Siria e Libano. Diversi episodi lasciano intuire un graduale aumento della diffidenza nutrita dalle gerarchie delle Chiese d’Oriente – ortodosse classiche, non bizantine (quelle chiamate antiche chiese orientali o precalcedonesi come la chiesa siro-ortodossa o quella copta) e anche quelle cattoliche – nei confronti della recente politica estera francese, schierata a sostenere le insurrezioni arabe e accreditarne le sigle e le milizie non islamiste[24].

Lo scollamento si era evidenziato già nel settembre 2011, quando il Patriarca maronita, Bechara Boutros al-Rahi, in visita a Parigi, era stato rimproverato dall’allora presidente Nicolas Sarkozy per lo scarso entusiasmo mostrato per le “primavere arabe”, che a detta del leader francese avrebbero presto liquidato anche Assad e innescato processi di democratizzazione. A distanza di due anni, con la rivolta anti-regime ormai egemonizzata dai gruppi islamisti, l’arcivescovo siro-cattolico Behnam Hindo confida alla stampa: “L’ho detto chiaro, al segretario del ministro degli esteri Laurent Fabius, nell’ultimo colloquio che ho avuto con lui: voi parlate della guerra in Siria, di chi deve vincere, di chi deve andar via. Ma non chiedete mai quali sono le attese e le richieste del popolo siriano. Forse non vi siete ancora accorti che il protettorato francese sulla Siria è finito da un pezzo”[25].

Sempre più frequenti diventano le visite nella Federazione dei leader religiosi mediorientali. Emblematica la folta delegazione di primati e rappresentanti delle Chiese del Medio Oriente, arrivati a luglio 2013 a Mosca, in occasione delle celebrazioni per il 1025° anniversario del Battesimo della Rus’ e che sono stati ricevuti dallo stesso Putin. Due mesi prima, a maggio, era stato il Patriarca di Gerusalemme, Teofilo III, a recarsi in Russia, in visita a Kirill[26], che lo ha poi accompagnato a Sochi all’incontro col capo del Cremlino[27].

Tra gli ultimi episodi di un nuovo atteggiamento dei cristiani mediorientali verso Mosca, il caso dei 50mila cristiani siriani che a ottobre 2013 hanno chiesto la cittadinanza russa, col timore di “essere banditi dalle proprie terre, per la prima volta dalla nascita di Cristo”. L’appello collettivo, pubblicato dal ministero russo degli Esteri, è arrivato da un gruppo di abitanti di Qalamoun, dove si concentrano i villaggi a maggioranza cristiana, come quello di Maaloula, vittima di violenze mirate da parte di Al-Nusra, gruppo legato ad al-Qaeda. I firmatari puntano il dito contro l’Occidente, che appoggia “l’attacco da parte dei terroristi” contro la Siria: la Federazione russa è di conseguenza definita “un potente fattore di pace e stabilità”. L’attenzione al caso mostrata dagli alti livelli dell’apparato russo lascia intendere che agli occhi del Cremlino la vicenda riveste una valenza anche geopolitica. La lettera dei 50mila era stata subito definita dal portavoce del Patriarcato di Mosca come una prova della “grande autorevolezza”, di cui gode in questo momento la Russia in Medio Oriente, “specialmente tra le minoranze cristiane che vivono in quell’area”. I cristiani d’Oriente – ha detto l’arciprete Nikolaj Balashov, numero due del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato – “sanno da secoli che nessun altro Paese si prenderebbe cura dei loro interessi meglio della Russia”[28].

Proprio per riaffermare i legami tra la Russia e le Chiese presenti in Siria, il 14 ottobre 2013, l’Accademia Spirituale di Mosca ha voluto installare un complesso scultoreo, con al centro una statua di Gesù, sulle alture adiacenti al santuario mariano di Saidnaya – mèta dei pellegrinaggi dei cristiani arabi da tutto il Medio Oriente – come grande ex voto per la pace, mentre il Paese è dilaniato dalla guerra. Un gesto simbolico che si allinea con l’attivismo esercitato dal Patriarcato di Mosca per mostrare a tutti la propria sollecitudine per i cristiani mediorientali alle prese con le violenze islamiste.

 01/02/2014


[1] “Putin: Russia seeks to be a world leader but does not aspire to super-power status”, Interfax, 12 dicembre 2013. Disponibile al link: http://www.interfax.com/newsinf.asp?id=466715

[2] Alech Luhn, “President Vladimir Putin hails Russia’s ‘defence of traditional values’ in his state of the nation speech”, The Independent, 12 dicembre 2013. Disponibile al link: http://www.independent.co.uk/news/world/europe/president-vladimir-putin-hails-russias-defence-of-traditional-values-in-his-state-of-the-nation-speech-9001470.html

[3] Alexey Malashenko, Russia and The Arab Spring, Carnegie Moscow Center, October 2013.

[4] “Patriarch dedicates Imperial Orthodox Palestine Society’s new building in Moscow”, Bogolsov.ru, 30 novembre 2012. Disponibile al link: http://www.bogoslov.ru/en/text/2989241/index.html

[5] Sito ufficiale in russo: http://www.ippo.ru/

[6] Programma “Chiesa e mondo”, intervista a Serghei Stepashin, canale Rossija 24, 30 novembre 2013. Testo disponibile in russo al link: http://www.patriarchia.ru/db/text/3409245.html

[7] Alexey Malashenko, Russia and The Arab Spring, Carnegie Moscow Center, October 2013.

[8] Gianni Valente, “Medio Oriente, la Russia offre ai cristiani il suo ‘protettorato’”, Vatican Insider, 24 ottobre 2013. Disponibile al link, in italiano: http://vaticaninsider.lastampa.it/nel-mondo/dettaglio-articolo/articolo/russia-rusia-medio-oriente-28944/

[9] Nina Achmatova, “Putin travels to Middle East to strengthen Russian influence”; Asianews.it; 25 giugno 2012; http://www.asianews.it/news-en/Putin-travels-to-Middle-East-to-strengthen-Russian-influence-25115.html

[10] “Moscow concerned about armed attacks on Coptic Christians near Cairo”, agenzia Interfax, 22 ottobre 201. Disponibile al link: http://interfax-religion.com/print.php?act=news&id=10839

[11] “Lavrov, preoccupati per il destino dei cristiani”; agenzia Asca; 25 novembre 2013

[12] “Putin, Assad discuss Syrian chemical weapons destruction”, agenzia Interfax, 14 novembre 2013.

[13] Vladimir Putin, conferenza stampa annuale, 19 dicembre 2013, Mosca. Trascrizione ufficiale in inglese al link: http://eng.kremlin.ru/news/6425

[14] “His Holiness Patriarch Kirill’s appeal to US President Mr. Barack Obama regarding the situation in Syria”. Testo integrale in inglese disponibile al link: http://mospat.ru/en/2013/09/10/news90831/

[15] “Per i profughi siriani la Chiesa ortodossa russa quest’anno ha raccolto oltre 1,1 milioni di dollari”; Newsru.com, 6 novembre 2013. Disponibile al link: http://newsru.com/religy/06nov2013/fluechtlinge.html

[16] Gianni Valente, “La difesa dei cristiani mediorientali è diventato un asset strategico della politica di Putin. In perfetta sinergia con il Patriarcato di Mosca”, Vatican Insider, 24 ottobre 2013. Disponibile in italiano al link: http://vaticaninsider.lastampa.it/nel-mondo/dettaglio-articolo/articolo/russia-rusia-medio-oriente-28944/

[17] Rus’ di Kiev si chiamò il regno che, dalla fine del sec. 9° all’inizio del 13°, riunì le stirpi slave orientali dalla costa del mar Baltico fino al corso inferiore del Dnepr, dai Carpazi fino alla Dvina settentrionale e al Volga. La fede cristiana vi penetrò già prima della sua accettazione ufficiale, avvenuta nel 988; Enciclopedia dell’ Arte Medievale, Treccani, 1999.

[18] Pavel Korobov intervista il metropolita Hilarion, “Церковь не сращивается с властью, а устанавливает партнерские отношения”,  Kommersant, 9 dicembre 2013. Disponibile in russo al link: http://www.kommersant.ru/doc/2363789.

[19] Donald N. Jensen, Romes Old and New, Institute of Modern Russia, 5 dicembre 2013. Disponibile al link: http://imrussia.org/en/politics/616-romes-old-and-new

[20] Testo integrale disponibile al link: http://www.vatican.va/holy_father/francesco/letters/2013/documents/papa-francesco_20130904_putin-g20_en.html

[21] Gianni Valente, “Se “Zar” Putin viene da Francesco”, Vatican Insider, 7 novembre 2013; Disponibile al link: http://vaticaninsider.lastampa.it/nel-mondo/dettaglio-articolo/articolo/putin-francesco-francisco-francis-29445/

[22] “Middle East and persecution of Christians focus of Pope’s meeting with Putin”, AsiaNews.it, 25 novembre 2013. Disponibile al link: http://www.asianews.it/notizie-it/Papa:-Medio-Oriente-e-la-persecuzione-dei-cristiani-nell%27incontro-con-Putin-29638.html

[23] “His Holiness Patriarch Kirill meets with Cardinal Angelo Scola”, resoconto ufficiale dell’incontro del 12 novembre 2013 al link: http://mospat.ru/en/2013/11/12/news94148/

[24] Vedi nota 9

[25] Vedi nota 7

[26] “Il Patriarca Kirill incontra Teofilo III”, 23 maggio 2013. Disponibile in italiano al link: https://mospat.ru/it/2013/05/23/news85822/

[27] “Meeting with Patriarch Kirill of Moscow and All Russia and Patriarch Theophilos III of Jerusalem”, 27 maggio 2013. Disponibile, in inglese, al link ufficiale: http://eng.kremlin.ru/news/5487

[28] “Syrian Christians’ citizenship application confirms Russia’s high authority in Middle East – Moscow Patriarchate”, Interfax, 17 ottobre 2013.