L’evoluzione della minaccia terroristica nel Mediterraneo

Sin dagli anni Sessanta, la comunità internazionale, ed in particolare la regione del Mediterraneo, convivono con un fenomeno che possiamo definire terrorismo contemporaneo.

Il terrorismo è di per sé un fenomeno particolarmente pericoloso in quanto costituisce una forma di conflittualità non convenzionale caratterizzata dalla violenza criminale, dal movente politico, politico-religioso o politico-sociale, da strutture e dinamiche clandestine e dall’azione proveniente da aggregazioni non statali che talvolta godono dell’appoggio di Stati sostenitori. Va aggiunto, inoltre, che numerose aggregazioni terroristiche agiscono tanto all’interno quanto all’esterno del loro Paese.

In area mediterranea sono presenti a tutt’oggi le molteplici matrici ideologiche del terrorismo contemporaneo: l’estremismo di destra e di sinistra; l’oltranzismo etnico-nazionalista-separatista; il paradossale perseguimento violento di valori quali i diritti umani, l’ambientalismo e la pace; e, infine, il radicalismo religioso.

È stato il radicalismo religioso ad aggravare pesantemente nel corso dell’ultimo ventennio la minaccia terroristica nella regione del Mediterraneo. Esso persegue la religione non come fede, ossia il rapporto tra credente e Creatore, ma come ideologia che irrompe nella sfera politica. Mentre nessuna religione nel corso dei secoli è stata immune da degenerazioni minoritarie fanatiche e violente, nell’attuale contesto storico prevale il radicalismo islamico, che va però distinto dalla normale e pacifica pratica dell’Islam.

Il radicalismo islamico, noto come jihadismo, è un fenomeno ben più vasto della tristemente nota al-Qaida, ovvero “La Base”. Né il decesso di Osama bin Laden può considerarsi la fine di al-Qaida e tantomeno del jihadismo. Oltre la metà delle aggregazioni terroristiche rigidamente o flessibilmente strutturate rientrano oggi nella matrice jihadista. A queste si aggiungono gruppuscoli spontanei ed effimeri che sono comunque portatori di gravi violenze.

Il sorgere e l’espandersi del terrorismo di stampo radicale islamico ha esponenzialmente incrementato:

  1. Il terrorismo transnazionale;
  2. Gli attentati con modalità suicida;
  3. Gli attacchi indiscriminati nei luoghi pubblici e sui mezzi di trasporto;
  4. Il proselitismo radicale religioso nelle carceri;
  5. La costituzione di strutture binarie, da un lato terroristiche vere e proprie e dall’altro lato intese a sostenere l’elemento terroristico anche con la raccolta di fondi sovente messi a disposizione da inconsapevoli donatori convinti di contribuire al benessere sociale.

Rientra poi nelle dichiarate intenzioni del jihadismo l’acquisizione e l’impiego delle armi di distruzione di massa con la convinzione di compiere un “dovere religioso”.

Inoltre, il movimento jihadista con le sue componenti terroristiche è potenzialmente in condizione d’infiltrare e influire sulle dimostrazioni e proteste correntemente in corso in Africa Settentrionale e nel Medio Oriente.

Per ora, due fattori hanno fortemente prevenuto gli attentati ad personam, ossia selettivi, da parte radicale islamica in diversi Paesi euro-mediterranei.

Primo fattore, la limitata presenza di immigrati radicali islamici, non acculturati, di seconda o terza generazione, nonché di europei convertiti al radicalismo islamico, aventi una conoscenza adeguata di singoli bersagli umani che nel “calcolo terroristico” sono remuneranti a causa del loro ruolo nelle istituzioni invise al jihadismo.

Secondo fattore, le ancora scarse risorse necessarie per il ricorso al terrorismo selettivo – operativamente di maggiore impegno – nei confronti di singoli individui.

Qualora il radicalismo islamico acquistasse la capacità di dotarsi di armi di distruzione di massa e/o di incrementare gli attentati selettivi o mirati nel continente euro-mediterraneo, si prospetterebbe una ulteriore e seria minaccia da contrastare.

Il contrasto al terrorismo di qualsivoglia matrice richiede tempo, volontà, competenza analitica e operativa, risorse e cooperazione. A livello nazionale, la collaborazione comporta necessariamente lo sforzo sinergico dei settori pubblico e privato. A livello globale è necessaria la fattiva cooperazione bi-nazionale e multi-nazionale, oltre all’indispensabile apporto delle organizzazioni internazionali.

Intervento del Prof. Vittorfranco Pisano, Capo Dipartimento Scienze Informative per la Sicurezza, UNINTESS (Università internazionale Scienze Sociali, Mantova) al Convegno “Sicurezza e Cooperazione nel Mediterraneo”, organizzato dal Comitato Atlantico Italiano in collaborazione con il Club Atlantico Lucano e il Ministero della Gioventù (Potenza, 20 giugno 2011).