Pubblicato su Airpress, settembre 2016
Il tentativo di colpo di Stato andato in scena il 15 luglio in Turchia ha causato 294 vittime e prodotto un terremoto politico, con conseguenze tanto sul piano interno che sulle strategie di politica estera e di sicurezza del paese. Alla maldestra conduzione del fallito colpo di stato ha fatto riscontro una titubante risposta da parte degli Stati Uniti, della NATO e dell’Unione Europea, che hanno lasciato sia il Governo che l’opposizione turca insoddisfatte per la mancanza di un’immediata espressione di solidarietà. Diversi settori del Governo e delle istituzioni hanno quindi ritenuto che la NATO e l’Unione Europea non rispondano più così efficacemente agli interessi strategici della Turchia. Nella pubblica opinione, inoltre, sono andati rafforzandosi sentimenti anti USA, ritenuti colpevoli di non sostenere adeguatamente la Turchia nella lotta contro il terrorismo e rei di ospitare in Pennsylvania il settantacinquenne leader religioso Fethullah Gülen, ivi autoesiliato dal 1999 e accusato di aver costituito nell’ambito delle istituzioni turche una “struttura parallela”.
In tale quadro, la Turchia ha inteso recuperare antiche relazioni ed esplorare nuove direttrici strategiche, con l’intento di rafforzare il proprio ruolo in una area caratterizzata da gravi crisi e instabilità e di perseguire più alte ambizioni anche al di là della regione mediterranea e mediorientale. In tale prospettiva, la prima visita di Stato effettuata dopo gli eventi del 15 luglio ha condotto il Presidente Erdoğan a San Pietroburgo dove, il 9 agosto, ha discusso per oltre tre ore con il Presidente Putin su come dare vita a un “partenariato strategico” nel settore dell’energia e della difesa e rilanciare le relazioni fra i due paesi a nove mesi dall’incidente che portò all’abbattimento del jet russo Su-24.
Offrendo la Turchia come snodo per la distribuzione del gas russo, Erdoğan auspica anche che la Federazione Russa contribuisca a impedire la formazione di uno Stato curdo indipendente, facendo conseguentemente venir meno l’esigenza di un intervento diretto della Turchia in Siria.
Sebbene la volontà di Mosca di affievolire la coesione in seno all’Alleanza Atlantica sia riconoscibile, non è detto che le relazioni con la Federazione Russa debbano essere sviluppate dalla Turchia a detrimento di quelle della NATO.
La solidità del rapporto tra l’Alleanza Atlantica e la Turchia è stata fermamente ribadita in occasione della visita che il Segretario Generale Stoltenberg ha effettuato l’8-9 settembre ad Ankara per esprimere la piena solidarietà dell’Alleanza al Presidente Erdoğan ed alla popolazione turca per il fallito colpo di Stato e l’apprezzamento per l’impegno profuso nella lotta all’ISIS e contro il terrorismo.
Oggi ancor più di ieri, la Turchia rappresenta un alleato fondamentale per l’Alleanza Atlantica. La collocazione geostrategica della Turchia e il peso delle sue forze armate, seconde per numero e rilevanza solo a quelle degli Stati Uniti, hanno sempre costituito un perno essenziale del sistema di difesa integrato della NATO e un contributo fondamentale in tutte le operazioni di mantenimento della pace.
La Turchia, peraltro, annovera rapporti anche con l’Ucraina del Presidente Porošenko, con cui Ankara oltre alla cooperazio0ne economica, ha avviato una crescente intesa sul piano militare. Infine, la Turchia ha rilanciato le sue relazioni con Israele e lo stesso Iran, con il quale, nonostante la difformità di vedute sul futuro del Presidente al-Assad in Siria, è stato concluso un imponente accordo nel settore energetico.
La complessità delle relazioni che Ankara ha inteso rilanciare, approfondire o esplorare, non indebolisce, tuttavia, l’ancoraggio che da oltre sessant’anni lega la Turchia alla NATO. Ankara rimarrà attratta dalla NATO soprattutto per i benefici di carattere politico. Contribuendo alla sicurezza dell’Alleanza ed alle operazioni di mantenimento della pace della NATO, il Governo di Ankara si assicura allo stesso tempo una maggiore forza e stabilità al suo interno.
Le tentazioni euroasiatiche che promanano da Mosca si rivelano pertanto congiunturali, mentre quelle offerte dalla Shanghai Cooperation Organization, piuttosto che da altre istituzioni, non appaiono in grado di sostituire gli interessi strategici ed economici che vincolano la Turchia alla NATO e all’Unione Europea e viceversa. Un’alleanza di interessi che sarà compito della NATO e dell’Unione Europea far progredire ad un livello più alto, rimanendo comunque pronti a saper gestire le scelte che Ankara compirà.
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