Il Regno Unito si è espresso. Il 52 % dei Britannici si è dichiarato favorevole all’uscita dall’Unione Europea. Al di là della semplicità dei numeri, l’analisi dei dati referendari rappresenta uno scenario ben più complesso. Scozia e Irlanda del Nord si sono espresse, rispettivamente con il 62% ed il 56% di voti favorevoli, per il Remain nell’Unione Europa. In effetti, più che di Brexit si è avviata una Englexit.
Le dichiarazioni con le quali il Primo Ministro scozzese Sturgeon ha ribadito che “il futuro della Scozia è nell’Unione Europa” e la prospettiva sempre più concreta di un nuovo referendum per l’indipendenza della Scozia e per la riunificazione dell’Irlanda, rivelano come le conseguenze più pericolose dell’esito referendario riguardino più la sopravvivenza stessa del Regno Unito piuttosto che quella dell’Unione Europea. Un’Inghilterra sola (unitamente al Galles), con la sua capitale, Londra, che si è fermamente espressa per il Remain.
La disgregazione di uno Stato europeo, può mettere in moto meccanismi più insidiosi rispetto all’uscita ordinata di uno Stato membro dall’Unione.
Innegabilmente l’Inghilterra è una potenza il cui soft-power ha inciso profondamente nel “mondo occidentale”. Da Londra si sono propagati valori, tendenze e influssi culturali che rappresentano oggi un patrimonio dell’Occidente. Basti pensare all’utilizzo della lingua inglese come lingua veicolare, agli influssi musicali, cinematografici, allo style. Un soft-power che costituisce un elemento importante di identità e aggregazione della Comunità occidentale.
Tale Comunità, dopo l’uscita formale del Regno Unito dall’Unione Europea, si ritroverà unita in un’unica organizzazione internazionale: la NATO.
Al vertice NATO di Varsavia, i Capi di Stato e di Governo hanno dato risposta alle necessità di deterrenza e difesa del fianco orientale ed alle minacce provenienti da Sud, riaffermando con ciò i valori fondanti dell’Alleanza e rafforzandone la Comunità politica.
Ciò appare quanto mai opportuno anche alla luce del 60° anniversario della pubblicazione del Rapporto del Comitato dei Tre sulla “Cooperazione non militare nella NATO“ elaborato nel 1956 dall’allora Ministro degli Esteri italiano, Gaetano Martino, insieme ai colleghi canadese, Lester B. Pearson e al norvegese, Halvard Lange.
La rilettura del Rapporto e la riaffermazione di quei valori, nell’attuale mutato contesto di sicurezza, non costituisce un mero atto celebrativo. Il rilancio dei valori fondanti di solidarietà e difesa collettiva della Comunità Atlantica e il rafforzamento della sua dimensione politica, appaiono fondamentali per affrontare la complessità delle nuove minacce alla sicurezza con la necessaria coesione e solidarietà atlantica.
E’ compito di tutti i membri dell’Alleanza, e della stessa dell’Italia, far si che tali valori non vadano smarriti.